Martini, goccia e architettura.
Tutorial: La sfida del minimalismo.
Martini. Giorgio Cravero
C'è un motore che muove ogni fotografo, una spinta che va oltre la commissione del cliente: è la ricerca personale. La necessità di sperimentare, di mettere alla prova la propria tecnica e di esplorare nuove soluzioni visive è il vero nutrimento per la creatività. Questo scatto, "Martini Goccia", nasce proprio da questo impulso: il desiderio di congelare un istante, di raccontare un'icona, ma da un punto di vista inaspettato.
L'oggetto è uno dei più classici: il calice da Martini. Ma l'intenzione non era semplicemente quella di fotografare un cocktail. L'obiettivo era elevarlo, trasformarlo in un monumento, un pezzo di design inserito in un dialogo con lo spazio, la luce e la geometria. E per farlo, ho scelto di guardarlo da una prospettiva insolita, dal basso, per conferirgli una statura eroica, quasi architettonica.
Il Concept: L'Architettura del Cocktail
L'idea di accostare lo scatto all'architettura è nata spontaneamente osservando il soggetto. La coppa Martini, con la sua forma super classica, minimale e perfettamente geometrica, è essa stessa un pezzo di architettura in miniatura. Il cono rovesciato, la linea esile dello stelo, la base stabile: ogni elemento risponde a un equilibrio di forme e funzioni.
Per esaltare questa natura, ho costruito una vera e propria scenografia. I solidi bianchi su cui poggia il bicchiere non sono elementi casuali, ma props di scena scelti per costruire un podio, una struttura minimale che funge da estensione delle linee del calice. L'arco sottostante non è solo un vezzo compositivo, ma crea un ulteriore livello di profondità e un gioco di pieni e di vuoti.
La scelta del colore di fondo completa la metafora. Quell’azzurro saturo e profondo non è un semplice sfondo, ma vuole richiamare un cielo ideale, un firmamento astratto contro cui l'architettura del nostro Martini si staglia, pulita e assoluta.
La Luce.
Se la scenografia è lo scheletro, la luce è l'anima dell'immagine. Per questa fotografia volevo una luce che fosse essa stessa un elemento geometrico. Niente morbidezze o diffusioni ampie. L'ispirazione era la luce del sole a mezzogiorno: dura, netta, capace di creare ombre definite che diventano parte integrante della composizione.
Il setup è un gioco di equilibri costruito con luci flash:
La Luce Principale: Una torcia flash dotata di parabola è posizionata in alto a sinistra. È lei che fa il lavoro più duro: colpisce la scena creando l'ombra netta all'interno dell'arco bianco e, soprattutto, attraversa il liquido cristallino del cocktail, rivelandone la trasparenza e accendendo l'oliva.
Il Tono e lo Sfondo: Una seconda torcia, posizionata a destra, non illumina direttamente la scena. La sua luce viene riflessa da un cartoncino dello stesso azzurro del fondo, posizionato strategicamente sopra il set. Questo trucco ottiene un duplice risultato: satura lo sfondo di un colore vibrante e omogeneo direttamente in camera e fornisce un leggero tono di riempimento all'intera immagine.
Il Dettaglio sul Vetro: Il riflesso rettangolare e pulito che si vede sul fronte del bicchiere è creato da un piccolo pannello bianco. Non è un riflesso casuale: è un elemento di luce controllato che definisce la curvatura del vetro e illumina con precisione lo stuzzicadenti in metallo.
La Tecnica: L'Istante e il Rigore
Congelare la goccia in volo e le onde concentriche sulla superficie del liquido è stata la sfida dinamica. Per questi scatti, che coinvolgono splash e movimenti rapidi, preferisco affidarmi all'istinto. Scatto a mano, cercando la frazione di secondo perfetta, lo schizzo unico. Non uso quasi mai cellule o trigger elettronici; tendono a uniformare troppo il risultato, a renderlo prevedibile. Preferisco quell'impercettibile variazione che solo il tempismo umano può dare.
Il risultato finale è infatti un compositing di tre momenti perfetti, uniti in post-produzione:
Lo scatto base: con il cocktail perfettamente immobile e il bicchiere "frostato" ad arte con della lacca per capelli (spruzzata solo dove il freddo del liquido creerebbe la condensa reale).
Lo scatto della goccia: isolata a mezz'aria nel suo viaggio verso il calice.
Lo scatto degli "anelli": le delicate increspature create dall'impatto, catturate con la potenza del flash in grado di congelare anche il più rapido dei movimenti.
A sostenere questa ricerca di perfezione c'è l'attrezzatura. Ho utilizzato una fotocamera Fujifilm GFX100 collegata a un banco ottico Sinar. Questa combinazione non è un capriccio, ma una necessità tecnica. Il banco ottico mi permette di sfruttare i movimenti di macchina, in particolare il basculaggio, per estendere il piano di fuoco e avere ogni elemento nitido, e il decentramento per mantenere le linee verticali perfettamente parallele, evitando qualsiasi distorsione prospettica. È il rigore tecnico al servizio della pulizia visiva.
La Sfida del Minimalismo
La vera sfida, in un'immagine così minimale, è proprio questa: la ricerca della pulizia assoluta. Quando la scena è spoglia, ogni singolo dettaglio viene amplificato. Ogni granello di polvere, ogni riflesso indesiderato, ogni linea non perfettamente allineata diventa un disturbo assordante. La post-produzione si è quindi concentrata sulla pulizia finale e sull'assemblaggio dei tre scatti, preservando la purezza dei colori e delle forme create in camera.
Questo scatto è la sintesi di una visione: un'icona trasformata in architettura, un istante sospeso nel tempo e uno studio rigoroso sulla luce, dove ogni elemento è lì per una ragione precisa. È la dimostrazione che anche nell'immagine più semplice si può nascondere una grande complessità. E sta proprio lì, in quel rigore quasi invisibile, la bellezza del nostro mestiere.
Ed ecco, per finire il backstage dello shooting: